BIOGRAFIA

piscopoFlavio Piscopo nasce nel Giugno del 1964 ad Arzano di Napoli sobborgo periferico del capoluogo partenopeo zona molto tosta sotto l’aspetto della creatività e del tirare a campare, all’età’ di 15 anni dopo aver già manifestato il proprio amore per la musica e le percussioni si ritrova con una piccola liquidazione da lavoro occasionale svolto nel nord Italia a dover decidere se acquistare un paio di congas o una batteria usata.
La scelta cadde sulla prima opzione e così incominciò a suonare con alcuni ragazzi di Arzano e non solo. Alcuni nomi che porterà sempre nel cuore sono Gino Frattasio e Gianni Conversano due grandi talenti che iniziarono a fargli capire il rapporto tra musica e anima, ragazzi questi che erano molto avanti grazie anche al posto dove si viveva che senz’altro favoriva la maturazione attraverso la sofferenza.
A cavallo del 1983 iniziò a far parte dei primi gruppi emergenti come i Napoli rock di Claudio e Luciano Iannaccone, con i quali unitamente ai già citati Frattasio e Conversano vinse il Cantacampania in veste oltre che di percussionista anche di cantante.
Di lì a poco si aprirono tutta una serie di collaborazioni prima fra tutte quella con Enzo Gragnaniello che durò per circa sette anni, facendo con lui molteplici concerti e incidendo in sala.
Tra i lavori più importanti l’album Fujente e Cercando il sole, svolti sotto la direzione artistica di Joe Amoruso già tastierista di Pino Daniele che lo inserirà all’interno di preziose collaborazioni prima fra tutte quella con lo stesso Amoruso.Intorno agli anni 90 oltre ai concerti che teneva in duo con Amoruso, Flavio incise un album importantissimo dal titolo Rosa del mare di mezzo edito dalla CGD progetto fortemente voluto da Joe che espletò molte delle pratiche artistiche e compositive che aveva maturato negli anni di ricerca e che lo resero precursore del genere mediterraneo in Italia. Lavoro che diede l’opportunità a Piscopo di suonare nei brani insieme a Bob Berg, Mike Stern e tanti altri.
Ci furono anche altre collaborazioni come quella con Roberto Murolo e in particolare nel suo disco Ottantavogliadicantare, suonando tra gli altri nel brano più famoso del lavoro e vale a dire Cu mme dove ebbe l’onore di incontrare Mia Martini che a sua volta lasciò una parte vocale in quel brano a dir poco eccezionale.
Il rammarico più grande di Flavio Piscopo è e resterà per sempre quello di non aver potuto portare fino in fondo il progetto iniziato qualche anno prima con Bruno Pedros e Oscar Montalbano, dal titolo Flamenco fusion trio, una fusione tra il flamenco magistralmente suonato da Pedros e il ritmo latino mediterraneo di Piscopo e Montalbano al basso. Idea avanguardista visto che di lì a poco sarebbero venuti fuori i famosissimi gruppi gipsy, ma alcune incomprensioni con Pedros sulla necessità di purismo nel flamenco, ebbero la meglio buttando all’aria mesi di lavoro e apprezzamenti da parte degli addetti ai lavori.
Passati gli anni tra il 1993 e il 1994 Flavio Piscopo incontra a Faenza provincia di Ravenna il grande percussionista Dom um Romao il primo ad aver suonato nella mitica band Weather Report e insieme registrano l’album Tribù mediterranea da un progetto di Maurizio Carbone e GiorgioCavalli.
L’incontro con Dom um è stato una di quelle cose piene d’umanità dove Flavio ha avuto l’opportunità di conoscere quell’icona della musica mondiale allora già sessantaseienne, carpendo qualche segreto e anche qualche complimento.
Fu quello il viaggio che fece decidere a Flavio di trasferirsi a Bologna, dando frutto al progetto Kalenda do sol aiutato da amici fraterni quali Teo Ciavarella, Antonio Marangolo, Roberto Bartoli, Andrea Taravelli, Felice Del Gaudio e tanti altri, progetto che nel 2000 sfocerà in un meraviglioso disco dal titolo omonimo Kalenda do sol, composizioni che verranno fuori in modo magico e sorprendenti partorite quasi tutte a Bologna come in un esilio benefico portandosi dietro tutta la napoletanità e l’anima mediterranea. Kalenda do sol avrà un seguito con decine di concerti tenuti in ogni parte d’Italia con successo e approvazione da parte della critica.
In questi ultimi anni Flavio Piscopo ha incrementato le sue collaborazioni incontrando artisti del calibro di: Vinicio Capossela registrando con lui il disco Il ballo di San Vito con alla chitarra Marc Ribot, sotto la direzione di Evan Lurie che si complimentò con Piscopo per la sua celerità d’esecuzione ma anche per la qualità chiedendogli: “sei napoletano…… vero?”,artisti come Francesco Baccini, IskraMenarini,Antonello Salis e in teatro con il poeta Roberto Mussapi nel suo lavoro; New arabian nights con musiche di Kalenda do sol. In prospettiva futura Bologna ha regalato a Flavio un’altra sorpresa oltre ad avergli concesso il privilegio di fraternizzare con musicisti quali: Teo Ciavarella, Antonio Marangolo e altri, gli ha fatto incontrare un artista che ha sempre stimato e che nasce nel suo stesso sobborgo ma che per motivi cronologici non aveva mai avuto il piacere di incontrare prima, quest’artista è Tommaso Bianco attore meraviglioso, collaboratore di Eduardo, Monicelli, Luciano De Crescenzo e altri.
Con Tommaso si potrebbe aprire una collaborazione teatrale che si svilupperà nei tempi a venire. La vita di un artista si sa è in continuo sviluppo e mutamento e Flavio nel frattempo ha preso parte ad un progetto di Antonio Marangolo che ha per titolo Sebastian Coleman Gallery un’operazione non semplice ma accattivante, insieme con altri musicisti quali Roberto Bartoli al cotrabbasso e Roberto Manuzzi all’altro sax. Tra gli episodi più belli della sua vita artistica vissuta Flavio Piscopo ricorderà sempre l’incontro che ebbe con quella pietra miliare della neapolitan power che è James Senese, quando un ragazzino alle prime armi riuscì ad avere il suo numero telefonico chiedendogli un incontro a cui lui si mostrò subito disponibile senza farsi pregare nemmeno una volta, andando a fargli visita direttamente a casa sua per ascoltare le sue percussioni.
Questo è stato a detta di Piscopo una lezione di grand’umiltà che gli ha dato sempre la forza di continuare nei momenti più bui del suo viaggio artistico e che non rimuoverà mai e che conserverà in quella parte di anima che Flavio ama definire il Sud dell’anima.